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Carenza di motivazione a lavoro? Ecco perché

  • Immagine del redattore: Admin
    Admin
  • 23 mar 2018
  • Tempo di lettura: 3 min



Lo studio effettuato da Herzberg nel 1959 finalizzato ad approfondire le modalità con cui i bisogni di stima e autorealizzazione si sviluppano fece emergere due ordini di fattori che determinano la insoddisfazione e la soddisfazione del lavoratore:


1. FATTORI IGIENICI: sono quelli che non motivano, ma che se non trovano soddisfazione producono malcontento e insoddisfazione.

Ne fanno parte:

  • la supervisione da parte dei superiori;

  • le politiche e l'amministrazione dell'azienda;

  • le condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale, stipendio);

  • le relazioni con i superiori; i pari ed i subordinati;

  • lo status;

  • la sicurezza del lavoro;

  • gli effetti sulla propria vita personale.


2. FATTORI MOTIVANTI: Riguardano il contenuto del lavoro e producono l’effetto che se ci sono AUMENTANO la soddisfazione, se non ci sono NON AUMENTANO l’insoddisfazione:

  • il raggiungimento di risultati;

  • il riconoscimento di risultati;

  • il contenuto del lavoro;

  • il livello di autonomia decisionale;

  • le possibilità di avanzamento di carriera.


Va tuttavia sottolineato che la soddisfazione non è il contrario dell’insoddisfazione. Appartengono infatti a 2 dimensioni diverse e dipendono da 2 gruppi di variabili diverse:

  1. il livello di soddisfazione dipende dalla presenza o meno dei fattori motivanti;

  2. il livello di insoddisfazione dipende invece dalla presenza o meno dei fattori igienici


I dipendenti ricercatori di motivazione non cercano nel lavoro soltanto la tranquillità economica, la sicurezza o la simpatia dei colleghi. Sono soprattutto alla ricerca di una soddisfazione intrinseca al lavoro che consenta loro una “crescita psicologica”.


Quanto sopra riportato ci porta a trarre due conclusioni:

Se il collaboratore è un ricercatore di igiene, è inutile tentare di motivarlo facendo leva sui fattori motivanti!

Se il collaboratore è un ricercatore di motivazione sarà necessario, ad esempio, aumentarne l’autonomia decisionale, concedergli di controllare il proprio lavoro o presentargli una nuova prospettiva di carriera.


Sul tema un importante contributo è stato quello di Abram Maslow con la sua teoria della gerarchia dei bisogni.

L’approccio di Maslow prevede differenti livelli di sviluppo nei sistemi motivazionali, cognitivi ed emotivi che danno vita al comportamento umano.

Maslow distingue cinque gruppi di bisogni che si differenziano in base alla loro “primarietà” ed alla loro “distanza” (più vicini o più lontani) dalle esigenze biologiche dell’organismo, formando una scala gerarchica.





I cinque livelli sono tra loro in rapporto gerarchico in modo tale che non sarà possibile l’insorgenza di bisogni di ordine superiore se non dopo l’avvenuta soddisfazione di bisogni di ordine inferiore.


Nello specifico:


BISOGNI DI REALIZZAZIONE DI SE’

Autorealizzazione sul lavoro - “Fare il lavoro che mi piace”


BISOGNI DI STIMA

Fiducia in sé - Riconoscimenti di merito e di valore – bonus sui risultati


BISOGNI DI AFFILIAZIONE

Far parte di un gruppo di lavoro - I colleghi - L’Ambiente di Lavoro


BISOGNI DI SICUREZZA

Sicurezza del posto di lavoro - Assicurazione Medica


BISOGNI FISIOLOGICI

Retribuzione - il posto di lavoro


Secondo Maslow la motivazione a soddisfare i bisogni lungo la scala risponde alle due seguenti “leggi”:

Prima legge: Un bisogno soddisfatto cessa di esser motivante.

Seconda legge: L’individuo passa a soddisfare un bisogno posto su un gradino più elevato, solo una volta soddisfatto il bisogno posto sul gradino inferiore.


Maslow ci fa capire che non è l’individuo che deve adattarsi alla organizzazione, ma è questa che deve individuare quelle soluzioni che consentono il soddisfacimento dei bisogni stessi. Per motivare le persone non si potrà far leva su un bisogno già soddisfatto e nemmeno su uno non immediatamente superiore al livello di soddisfazione raggiunto dall’individuo.


Un altro importante contributo arriva da Albert Bandura con la sua “autoefficacia percepita”. Intorno a questa espressione egli ha costruito una vera e propria teoria della motivazione.

Nella sua teoria egli afferma che la convinzione di contare, cioè di poter incidere sul corso degli eventi, fa da motore alla maggior parte delle realizzazioni umane.

A parità di competenza, la convinzione di poter riuscire costituisce un vantaggio significativo per l’effettivo raggiungimento del successo nel lavoro.


Le persone con forte autoefficacia si distinguono perché affrontano i compiti difficili come sfide piuttosto che come minacce e si danno obiettivi elevati impegnandosi per raggiungerli.

Questi individui attribuiscono il fallimento ad impegno insufficiente, a mancanza di conoscenze o di abilità che possono essere acquisite.

Inoltre:

  • si concentrano sul compito e non su loro stessi;

  • aumentano il proprio impegno di fronte alle difficoltà;

  • ripristinano rapidamente il proprio senso di efficacia dopo fallimenti, delusioni o avversità;

  • sono poco vulnerabili allo stress

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