top of page
  • Twitter Social Icon
  • LinkedIn Social Icon
  • Facebook Social Icon

Agenzia, lavoro subordinato e parasubordinato

  • Immagine del redattore: Admin
    Admin
  • 4 mag 2017
  • Tempo di lettura: 6 min

Per meglio comprendere le analogie e le differenze esistenti tra il rapporto di agenzia, lavoro subordinato e parasubordinato è necessario analizzare gli elementi che caratterizzano queste fattispecie.

La definizione di lavoro subordinato ed i relativi criteri distintivi rispetto al lavoro autonomo vengo dedotti dagli artt. 2094 e 2222 c.c.[1]. La prima norma dà una definizione di lavoro subordinato ossia «chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore». La seconda norma invece definisce lavoratore autonomo, «chi si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente». La giurisprudenza[2] trae convincimento che l’elemento caratterizzante del lavoro subordinato sia la soggezione del prestatore di lavoro alle direttive del datore di lavoro inerenti lo svolgimento della prestazione. Non è quindi sufficiente l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale ma ci devono essere delle direttive da parte dell’imprenditore su come il lavoro debba essere svolto o per lo meno queste devono derivare dalla sottoposizione al potere gerarchico e disciplinare del datore di lavoro[3]. Non essendo semplice rilevare quanto richiesto, la giurisprudenza[4] ricorre a criteri sussidiari per accertare in via presuntiva gli elementi essenziali della collaborazione:

  • l’oggetto della prestazione: che consiste nelle energie del lavorative del dipendente (mentre nel lavoro autonomo è il risultato dell’attività organizzata del datore di lavoro)

  • rischio di impresa: deve gravare sul datore di lavoro

  • retribuzione: se fissa si propende per il rapporto subordinato

  • orario di lavoro: se fisso si propende per il rapporto subordinato

  • continuità temporale della prestazione

Presi singolarmente, questi indicatori non sono sufficienti ad identificare la presenza di lavoro subordinato, «pertanto essi debbono valutarsi nell’ambito di un apprezzamento complessivo del rapporto, tenuto conto anche del tipo di attività svolta dal lavoratore»[5]. Distinguere tra lavoro autonomo e subordinato ha grande rilevanza perché permette di capire quale disciplina applicare al rapporto. Solo al lavoratore subordinato infatti si applica la normativa sul licenziamento, sulla retribuzione minima, sulla conservazione del posto di lavoro, sui limiti di orario, etc.

Il lavoro c.d. parasubordinato[6] nasce con la Legge 11 agosto 1973, n. 533 “Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie.” (G.U. 13 settembre 1973, n. 237), che, definendo l’area di applicazione delle regole processuali, ne ha disposto l’estensione anche a rapporti diversi da quelli subordinati. Venne quindi a crearsi una ulteriore categoria intermedia tra lavoro subordinato e autonomo caratterizzata da una «prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato» (art. 409 c.p.c.). L’intenzione era quella di applicare a questa categoria intermedia le disposizioni del diritto del lavoro generalmente applicabili solamente al lavoratore subordinato, in quanto solo quest’ultimo poteva trovarsi in una situazione di squilibrio di forza tra le parti e valevole di tutela al fine di impedire la generazione di abusi nei suoi confronti. L’agente però, in determinate condizioni, si trova anch’esso nelle condizioni del lavoratore subordinato (seppur non in senso tecnico-giuridico) perché, rispetto al preponente, è in posizione di squilibrio economico. Per la giurisprudenza, tuttavia, le disposizioni riguardanti il lavoro subordinato applicabili ai lavoratori parasubordinati sono unicamente:

  • rito del lavoro (art. 409 c.p.c.)

  • rivalutazione dei crediti fatti valere in giudizio dai beneficiari del rito del lavoro (art. 429 c.p.c.)[7]

  • recesso per giusta causa (art. 2119 c.c.) [8]

Mentre rimangono escluse le disposizioni riguardanti:

  • principio della giusta retribuzione (ex art. 36 Cost.)[9]

  • forme di licenziamento[10]

  • pignorabilità dei crediti retributivi[11]

  • gli effetti del trasferimento dell’azienda (art. 2948 c.c.)[12]

  • prestazioni previdenziali[13]

  • patto di non concorrenza (di cui all’art. 2125 c.c.)[14]

  • disciplina limitativa dei contratti a termine[15]

Alla luce di quanto esaminato è quindi evidente come gli elementi che caratterizzano e differenziano il lavoro subordinato dal rapporto di agenzia si sostanzino nella realizzazione da parte dell'agente di una attività economica organizzata, rivolta ad un risultato di lavoro che questi svolge autonomamente nell'interesse e per conto (ed eventualmente in nome) del preponente cui compete il limitato potere di impartire all'agente istruzioni generali e pretendere ogni informazione utile per la valutazione della convenienza dei singoli affari, facendo tuttavia ricadere il rischio economico e giuridico dell’attività esclusivamente sull'agente medesimo. Si evidenzia come invece nel lavoro subordinato sia caratterizzante la prestazione di energie lavorative con soggezione al potere direttivo del datore di lavoro o comunque nell'ambito di una organizzazione di cui il rischio ed il risultato fanno capo esclusivamente a quest'ultimo. Gli altri elementi quali l'orario di lavoro e l'appartenenza dei mezzi o strumenti di produzione all'una o all'altra delle parti contraenti risultano quindi irrilevanti al fine della riconduzione ad una determinata fattispecie[16].

Considerando gli indubbi vantaggi di una impresa nel preferire un rapporto di agenzia o parasubordinazione rispetto alla subordinazione (minori costi e gestione più semplice) è utile evidenziare come il legislatore abbia cercato di evitare abusi nella creazione di un rapporto di lavoro (c.d. false partite iva[17]). Secondo quanto disposto dalla legge 92/2012 c.d. Legge Fornero, scatta la presunzione di subordinazione delle collaborazioni a partita Iva se si realizzano almeno due delle seguenti tre condizioni (introdotte nell'articolo 69-bis del D.lgs. 276/2003):

1. la collaborazione con lo stesso committente ha una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;

2. il corrispettivo derivante dalla collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili allo stesso centro d'imputazione di interessi, costituisce più dell'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi;

3. il collaboratore dispone di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

La circolare del ministero del Lavoro 32/2012 ha chiarito che, con riferimento alla durata, l'arco temporale degli otto mesi va rapportato a ciascun anno civile. Per quanto riguarda invece il parametro economico, la disposizione prende come base un arco temporale di due anni solari consecutivi, ossia due periodi di 365 giorni (vanno computati i corrispettivi comunque fatturati, indipendentemente dall'effettivo incasso delle somme). Salvo prova contraria del committente, in caso di mancato rispetto di 2 indicatori su 3, gli ispettori potranno ascrivere la collaborazione a partita Iva nell'alveo delle collaborazioni coordinate e continuative. Si tratta di una presunzione «semplice», che comporta l'inversione dell'onere della prova a carico del committente. Se il committente non fosse però in grado di dimostrare l'esistenza di una collaborazione a progetto, così come definita dall'articolo 67 della legge Biagi (D.lgs. 276/2003), si presume la natura subordinata del rapporto, a tempo indeterminato e fin dalla sua costituzione. La presunzione non opera qualora la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti:

« a) sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività;

b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. »

Viene inoltre specificato che la presunzione non opera altresì con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell'esercizio di attività professionali per le quali l'ordinamento richiede l'iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni.

La disciplina appena esposta trova applicazione per i rapporti già in essere al 25 giugno 2015 e fino al 31 dicembre 2015. A partire dall'1 gennaio 2016, il Decreto Legislativo 81/2015 all’art. 2, comma 1, introduce un nuovo regime secondo il quale le collaborazioni di tipo parasubordinato o nella forma del lavoro autonomo sono considerate come lavoro subordinato, se «si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro organizzate dal committente rispetto al luogo ed all’orario di lavoro». Il secondo comma dell’articolo prescrive che «la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:

a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.».

E’ prevista la possibilità di beneficiare di una sanatoria per i datori di lavoro che assumono coloro con cui hanno avuto un precedente rapporto di collaborazione, anche a progetto, o i titolari di partita IVA con cui hanno intrattenuto un rapporto di lavoro autonomo[18]. I beneficiari godranno del beneficio dell’estinzione degli eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali legati all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro antecedenti all’assunzione.




[1] L. Galantino, Diritto del lavoro, Torino, Giappichelli Editore, 2005, pag. 5


[2] Cassazione 2000/13440, Cassazione 2000/15001, Cassazione 2002/4682


[3] CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 13 MAGGIO 2004, N. 9151


[4] Cassazione 2000/11502, Cassazione 2000/11936, Cassazione 2004/5508, Cassazione 2005/176


[5] L. GALANTINO, Diritto del lavoro, Torino, Giappichelli Editore, 2005, pag. 7


[6] Il creatore dell’espressione “parasubordinazione” è Pera, in “agente con rappresentanza e diritto alle provvigioni per gli affari prossimi” ma conclusi dal preponente, nota a Cass., 24 novembre 1960, n.2485, in Dir. Lav., 1961, II, pag. 295


[7] Cassazione 2002/4957


[8] Cassazione 2005/19678


[9] Cassazione 2000/13941


[10] Cassazione 1996/4849


[11] Cassazione 1980/4122


[12] Cassazione 2004/21678


[13] Cassazione 2004/2913


[14] Cassazione 2000/14454


[15] Cassazione 1983/7176


[16] M. ALOISE, Rapporti di agenzia e subordinazione, http://www.opinioiuris.it/Dott_Civ_Lav_0004.htm, consultato il 28.07.16


[17] legge 92/2012 (Legge Fornero)


[18] S. ROSSI, A. ROTA, Finte partite Iva, regole più stringenti per i controlli, http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2015-01-27/finte-partite-iva-regole-piu-stringenti-i-controlli--170834.shtml?uuid=ABp5LtkC, consultato il 27/08/2016

 
 
 

Comments


RECENT POST
  • Grey Google+ Icon
  • Grey Twitter Icon
  • Grey LinkedIn Icon
  • Grey Facebook Icon

© 2023 by Talking Business.  Proudly created with Wix.com

bottom of page