Procacciamento d'affari. Affinità e diversità rispetto al contratto di agenzia
- Admin
- 30 mar 2016
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Il procacciatore d’affari è una figura atipica di collaborazione, non prevista dal Codice Civile, ma ugualmente molto diffusa nella prassi commerciale. Si tratta di un rapporto di collaborazione poco rigido che ha il duplice vantaggio per il mandante di testare sia il mercato che intende aggredire sia il collaboratore stesso[1]. Il procacciatore è incaricato di segnalare potenziali occasioni di business mettendo in contatto il preponente ed il terzo affinché queste concludano l’affare[2]. La ricerca si svolge all’interno di un determinato territorio senza comportare riconoscimenti di esclusiva o l’obblighi di comunicare l’accettazione o il rifiuto dei relativi affari per l’impresa mandante. La figura si caratterizza per[3]:
occasionalità del rapporto[4]
discontinuità
assenza di predeterminazione della sfera territoriale
assenza di vincoli di fedeltà
Per i contratti andati a buon fine il procacciatore riceverà una provvigione liquidata dall’azienda venditrice sulla base di accordi presi in precedenza rimanendo sempre estraneo al rapporto contrattuale tra le parti e ad ogni ulteriore beneficio che grazie alla sua attività possa derivare alla ditta preponente. Il procacciatore d’affari può svolgere l’attività in modo occasionale o in modo continuativo, lo possiamo dedurre dall’art. 2222 del codice civile, in particolare:
«Chi si obbliga a compiere un’opera od un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento del committente; l’esercizio dell’attività, peraltro, deve essere del tutto occasionale, senza i requisiti della professionalità e della prevalenza.»
Le caratteristiche che identificano il procacciatore d’affari occasionale quindi sono quelle di svolgere l’attività in via del tutto sporadica e senza i requisiti di professionalità che invece caratterizzano la figura di quello continuativo. Altra importante differenza tra le due figure si rileva dal fatto che il procacciatore d'affari continuativo deve obbligatoriamente:
iscriversi al registro delle imprese
avere una partita IVA
ottemperare gli obblighi fiscali
All’opposto, il procacciatore d'affari occasionale si differenzia proprio nell'assoggettamento ad IVA delle provvigioni. Per lavorare sarà necessario il solo codice fiscale, non dovrà tenere una contabilità fiscale e soprattutto non verrà sottoposto a studi di settore. Unico limite: non è possibile superare i 5 mila euro/anno di reddito. Una volta superato tale limite il procacciatore occasionale sarà considerato procacciatore d'affari continuativo.
Giurisprudenza[5] e dottrina[6] sono concordi nel rilevare affinità tra la figura del procacciatore d’affari e quella dell’agente. Tuttavia una importante distinzione si fonda sulla stabilità e sulla continuità del rapporto. La stabilità caratterizza la figura dell’agente imponendogli di svolgere un’attività di promozione costante e professionale «indipendentemente dal fatto che in seguito il numero degli affari conclusi risulti esiguo»[7].
La Suprema Corte con sentenza n°3043 del 1977, a proposito della continuità, ha sottolineato come una attività di promozione, per quanto lunga e stabile, se derivata dalla manifestazione di volontà ripetuta in occasione di singoli affari (e quindi non da un unico originario accordo) «non è riconducibile ad un rapporto di agenzia» ma è «compatibile con la diversa ipotesi del cosiddetto procacciamento d’affari». Ai fini della verifica della stabilità è di rilievo la presenza di un contratto scritto, atto a vincolare le parti per il futuro. La sentenza della Cassazione n.9686/2009, occupandosi delle lettere di incarico (nel caso specifico erano riferite come “di procacciamento”) ha sottolineato come queste, se non formulate con riferimento ad un affare determinato, né tanto meno a un tempo determinato, debbano ritenersi caratterizzanti di una obbligazione perdurante invece che istantanea o limitata nel tempo. Gli elementi utili a riscontrare continuità nel rapporto sono meno controvertibili e derivano da numerose sentenze che sottolineano come il flusso economico per il preponente e l’agente/procacciatore è quello che, complessivamente, può far emergere la natura del rapporto instauratosi[8]. Sono infatti considerati ragionevolmente indicativi:
il numero e la regolarità delle fatture emesse dall’agente/procacciatore[9]
la periodicità delle fatture emesse dall’agente/procacciatore[10]
gli importi delle suddette fatture[11]
le eventuali dichiarazioni dei redditi
Per riassumere, gli aspetti che differenziano la figura dell’agente da quella del procacciatore e spiegano come quest’ultima figura abbia avuto un grande successo per la funzione economica e per i risparmi che consente all’impresa, possono essere così sintetizzati:
possibilità per il preponente di accettare o meno le proposte d’affari inviate dal procacciatore
mancanza di qualsiasi vincolo (temporale e territoriale) tra preponente e procacciatore
assenza di vincolo di fedeltà al committente da parte del procacciatore
mancanza di un vero e proprio contratto tra preponente e procacciatore (l’unico inquadramento è la c.d. “Lettera d'incarico" o lettera di procacciamento affari, che contiene l'indicazione dell'ammontare delle provvigioni, le modalità di pagamento delle stesse)
mancanza dell’obbligo per il procacciatore a fornire determinate informazioni riguardanti le condizioni di mercato
La giurisprudenza e la prevalente dottrina hanno altresì ritenuto che la disciplina applicabile al procacciamento d’affari sia, in via analogica, quella relativa al contratto di agenzia che non presuppone il carattere di stabilità del rapporto. Mentre sarà applicabile l’art. 1748 c.c. (diritto a percepire la provvigione), sarà invece esclusa l’applicazione di:
norme sul preavviso[12]
indennità di cessazione di fine rapporto[13]
diritto alle provvigioni per affari conclusi direttamente dal preponente[14]
[1] E. Salis, Il procacciatore d’affari, Riv. Dir. Comm., 1963, I, pag. 270-273
[2] Corte Cass. civ. sez. II, sent. n.4327 del 06/4/2000: l’oggetto della prestazione del procacciatore d’affari è «l’attività di intermediazione finalizzata a favorire fra terzi la conclusione di affari»
[3] G.M. Belligoli, L. Perrina, Manuale del rapporto di agenzia, Il Sole 24 ore, Milano 2006, pag. 305
[4] Corte Cass. civ., sent. n.1078 del 08/02/99: L’attività deve essere “saltuaria ed occasionale”
[5] Cassazione 2005/27729, Cassazione 2005/13629
[6]R. Baldi, A. Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, Giuffrè editore, 2011, pag. 60 - A. Baldassarri, Il contratto di agenzia e la mediazione, Milano, Giuffrè editore, 2013, pag. 138
[7] G. Trioni, Contratto di agenzia, Bologna, Zannichelli, 2006, pag. 49
[8] B. GRANDI, La Corte di Cassazione consolida il proprio orientamento nel delineare gli elementi di distinzione tra agente e procacciatore d’affari, http://www.treccani.it/diritto/approfondimenti/diritto_del_lavoro/2_Grandi_agenti_procacciatori.html, consultato il 27/07/2016
[9] Trib. Roma del 8.10.2008 sent. n.15442/08
[10] Trib. Roma del 21.7.2008 sent. n.13527/08
[11] Trib. Roma del 21.7.2008 sent. n.13527/08
[12] Cassazione 2005/13629, Cassazione 1989/5322
[13] Cassazione 2013/19828
[14] Cassazione 2000/4327
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